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Leggere Feuerbach riducendolo a un semplice anello di congiunzione fra Hegel e Marx significa smarrirne l'autonomo contributo. A tale rischio intende sottrarsi questo libro, attento soprattutto all'originalità della filosofia di Feuerbach, sia pure nutrita da molteplici influssi dell'ambiente teologico del tempo. L'esito ateo della sua filosofia denuncia il pericolo celato in un'impostazione teologica che perda il senso della trascendenza e della radicale alterità fra uomo e Dio. Ma questa forma di ateismo, affascinato dalla religione e consapevole del suo permanente valore umano, ricorda che l'accentuazione della trascendenza e dell'alterità non deve significare smarrimento dell'uomo. Come autorevolmente riconosce Karl Barth, la negazione feuerbachiana di Dio è diventata la "spina nelle carni" della teologia contemporanea; e il motivo più profondo che anima la sua filosofia è l'appassionata ricerca di un uomo concreto, "di carne e di sangue". Feuerbach offre, sia pure per via negativa, un'indicazione che la cultura contemporanea non può trascurare: il recupero dell'umanità dell'uomo non si ha semplicemente attraverso la negazione di Dio.